sabato 15 novembre 2008

“Piccole riflessioni sulla crisi quale possibilità di cambiamento e crescita personale”




In verità, in verità vi dico:
se il chicco di grano che cade nella terra non morrà, resterà solo; ma se morrà, darà molti frutti.

Vangelo secondo Giovanni, XII, 24





Il termine crisi deriva dal greco κρινω che vuol dire scegliere, decidere, separare, discriminare. La crisi corrisponde al momento della scelta e implicitamente porta in sé l’idea di cambiamento, della trasformazione, del passaggio e quindi anche della possibilità di una crescita personale.



Seppure scegliere può essere doloroso e per l’appunto vissuto come crisi, per crescere è necessario attuare una scelta. Nei momenti critici ci si può sentire lacerati, divisi in posizioni conflittuali, una parte di noi sembra volere andare in una direzione e l’altra in quella opposta ma per poter andare avanti è necessario separarsi da quello che non ci occorre più.



Riflettiamo su queste parole di Jaspers, per il quale la crisi è un punto di passaggio dove:



“il tutto subisce un cambiamento subitaneo, dal quale l’individuo esce trasformato, sia dando origine a una nuova risoluzione, sia andando verso la decadenza. La storia della vita non segue il corso unitario del tempo, struttura il proprio tempo qualitativamente, spinge lo sviluppo delle esperienze a quell’estremo che rende inevitabile la decisione. Solo opponendosi allo sviluppo l’uomo può fare il vano tentativo di mantenersi nella posizione di dominare la decisione senza decidere. Poi la decisione avviene suo malgrado mediante la continuazione effettiva della vita. La crisi ha il suo momento non può essere anticipata né saltata. Deve, come tutte le cose della vita, maturare. Non deve apparire necessariamente in modo acuto come una catastrofe, ma può con un andamento silenzioso, apparentemente senza dare nell’occhio, compiersi per sempre in modo decisivo” (Jaspers, 1964).


La crisi può assumere un significato positivo, quando si è capaci di vederla come l’espressione di un bisogno emergente, di un desiderio frustrato, di perdite e fallimenti da riconsiderare, di qualcosa che può essere cambiato secondo le nostre necessità attuali e che può tendere ad una spinta evolutiva e non ad un semplice momento di stasi e regressione. Se la crisi, invece, sfugge al controllo del soggetto, egli non riuscirà ad utilizzarla in maniera costruttiva per la propria crescita e si avvierà un cambiamento negativo.



Per Caplan (1961) la crisi è:


« uno stato che si verifica quando una persona si trova a fronteggiare un ostacolo che le impedisce il raggiungimento d’importanti obiettivi vitali; questo è, per un certo lasso di tempo, insormontabile tramite l’utilizzazione di metodi abituali di risoluzione di problemi. Ne consegue un periodo di disorganizzazione, un periodo di sconvolgimento, durante il quale sono fatti molti tentativi verso la risoluzione del problema, che però abortiscono. Alla fine è raggiunta una qualche forma d’adattamento, che può rivelarsi o meno come la soluzione più utile per la persona e per chi le sta vicino».



L’autore, inoltre, individua un processo di crisi che suddivide nelle seguenti fasi sequenziali:





  1. iniziale ascesa della tensione e messa in atto di abituali meccanismi di risoluzione dei problemi;

  2. fallimento di queste strategie con un conseguente aumento della tensione al punto tale che l’individuo può sentirsi impotente e rassegnato;

  3. messa in atto di nuove strategie, in quanto si possono prendere in considerazione nuovi aspetti del problema e strumenti non ancora sperimentati;

  4. se vi è il fallimento di ogni tentativo, si determina un ulteriore aumento della tensione e, dopo un periodo di circa 4-6 settimane, si assiste comunque alla manifestazione spontanea di una risposta, qualunque essa sia.

Dalla teoria della crisi di Caplan, sono state derivate tecniche che i professionisti adottano allo scopo di aiutare le persone a modificare stati d’animo, sentimenti, sintomi o comportamenti, considerati maladattativi e che hanno portato alla richiesta d’aiuto psicologico. In generale i professionisti aiuteranno la persona a gestire adeguatamente i sentimenti di rabbia, collera ed angoscia relativi alla crisi, aiutandola, in tal modo, ad affrontare in maniera costruttiva la situazione critica.


L’aiuto professionale di intervento sulla crisi può essere delineato in due grandi aree:





    • l’area dell’aiuto, nella quale rientrano il counseling e tutte quelle professioni che con la relazione e con l’aiuto hanno a che fare, rivolta a quei momenti critici dell’esistenza che una persona relativamente sana può attraversare, caratterizzati dalla modificazione di un equilibrio precedentemente esistente e che possono necessitare di un aiuto o di un accompagnamento;



    • l’area della psicoterapia, per il trattamento degli aspetti psicopatologici della crisi, intesa come momento patologico caratterizzato dalla modificazione di uno stato di compenso e che necessita pertanto di un intervento specifico.” (Fulcheri M., Cairo E., Torre E. 2005).


Bibliografia:


Jaspers K. (1913): Psicopatologia generale. Il Pensiero Scientifico, Roma (1964).


Caplan G. (1961): An approch to community mental health. New York: Grunne & Stratton.


Fulcheri M. (2005): Le attuali frontiere della psicologia clinica. Centro Scientifico Editore, Torino.






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